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Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Temistocle Solera
Nabucco Angelo Veccia (30 giugno-2 luglio) / Matteo Jin (1 luglio)
Ismaele Emanuele D’Aguanno (30 giugno-2 luglio) / Francesco Congiu (1 luglio)
Zaccaria Deyan Vatchkov (30 giugno-2 luglio) / Luca Park (1 luglio)
Abigaille France Dariz (30 giugno-2 luglio) / Yo Otahara (1 luglio)
Fenena Giulia Diomede (30 giugno-2 luglio) / Silvia Ricca (1 luglio)
Il Gran Sacerdote Bing Li
Abdallo Andrij Severini
Anna Clementina Regina
La speranza Irene Paloma Jona

Direttore Francesco Rosa
Regia e Luci Alberto Jona
Scene Matteo Capobianco
Maestro del coro Mauro Trombetta
Coro del Teatro Coccia
Orchestra Filarmonica Italiana

Produzione Fondazione Teatro Carlo Coccia di Novara
in collaborazione con Comune di Sordevolo, La Passione e il Contato del Canavese
Il progetto del Teatro Coccia di Novara di immaginare lo spazio teatrale della Passione di Sordevolo come una scena capace di ospitare anche il melodramma, mi ha trovato non solo favorevole ma entusiasta; un invito a gettarsi in una sfida affascinante, perché non vuol dire solo allestire un'opera in uno spazio unico per storia e tradizione. Vuol dire far rivivere l'opera dentro un tessuto comunitario che ha fatto del teatro condiviso e partecipato un fuoco vitale e che ora nella nuova messinscena di un'opera diventerà il fulcro drammaturgico dell'allestimento. Portare in scena un paese che fa del teatro la seconda sua anima, è una avventura eccitante in perfetta sintonia con la scelta del Teatro Coccia di scegliere proprio come prima opera per inaugurare il progetto “Opera che Passione”, Nabucco di Giuseppe Verdi, opera di popolo rivolta al popolo, grandioso canto corale, unico per potenza espressiva e capacità emotiva, attorno cui si intersecano le storie dei singoli protagonisti, Nabucco, Abigaille, Ismaele e Fenena.
Un folto gruppo di abitanti di Sordevolo agirà sulla scena come una grandiosa “controfigura” del coro stesso. Sarà ora popolo ebraico ora assiro babilonese, ma sopratutto sarà popolo in senso lato, a rappresentare gli oppressi, gli ultimi di tutti i tempi, realizzando più volte nel corso dell'opera una sorta di slittamento temporale fra tempo mitico e contemporaneità.
L'arena di Sordevolo - immaginata con lo scenografo Matteo Capobianco - diventerà una sorta di grande campo archeologico costruito sopra antiche vestigia e dominato da un cuore incandescente, un grande scrigno dorato avviluppato come un'opera di Christo, a ricordare il Tempio di Salomone, attorniato da impalcature degradanti che saranno una sorta di ponte emotivo con il tempo presente, su cui agirà una figura simbolica, di verde vestita, quale speranza di un futuro migliore.