
Dramma buffo in tre atti
Musica di Gaetano Donizetti
Libretto Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti
Don Pasquale Michele Govi
Ernesto Yuxiang Liu (Accademia AMO)
Dottor Malatesta Ranyi Jiang (Accademia AMO)
Norina Yesol Park (Accademia AMO)
Un Notaro Semen Basalaev (Accademia AMO)
Direttore Roberto Gianola
Regia Salvatore Sito (Accademia AMO)
Costumi Silvia Lumes
Luci Ivan Pastrovicchio
Orchestra delle Alpi - Alpen Symphonie Orchester
Coro del Teatro Coccia
Maestro del Coro Yirui Weng
In collaborazione con il Dipartimento di Canto del Conservatorio G. Cantelli
Coproduzione con Associazione Euritmus
Una giovane fanciulla manifesta uno stato d’animo turbato. Ha gli occhi gonfi, le mani giunte, uno sguardo penetrante e malinconico. Ad esaltare la sua figura la scelta di uno spazio vuoto alle sue spalle, un semplice muro bianco. Allo stesso modo, al fine di sottolineare il carattere romantico dell’opera, ho pensato di ambientare Don Pasqua-le in uno spazio neutro, nudo, isolando la vicenda umana al centro della scena. Lo svi-luppo diretto e immediato della trama deve dunque essere accompagnato da un lavoro di profonda analisi emotiva dei personaggi, al fine di restituire allo spettatore ciò che la partitura suggerisce. La tela di Hayez, inoltre, dà un ulteriore spunto che la mia regia vuole sottolineare. In primo piano, sulla sinistra, vediamo uno splendido va-so di fiori, composto in modo particolare: osservandolo da sinistra a destra e dall’altro verso il basso, si vedono dapprima fiori nuovi, freschi, ricchi di colore e di vita. Man mano che lo sguardo si sposta verso destra e verso il basso, però, i fiori appassiscono fino a cadere e morire sul freddo marmo in primo piano che sorregge il vaso. Quest’immagine fortemente simbolica appare perfetta per descrivere i personaggi di Don Pasquale. Il vaso come metafora della vita, contiene allo stesso tempo uomini giovani e vecchi, personaggi pieni di vita ed altri ormai sul viale del tramonto. Questo forte contrasto è molto evidente sia dal punto di vista scenico che musicale. Don Pa-squale, infatti, pare appassire man mano che l’opera si sviluppa, scontrandosi con una generazione che corre ad una diversa velocità, che si esprime in modo diverso, che non sarà mai in grado di conquistare. È proprio come se vedessimo quel fiore appassito staccarsi e cadere sul marmo quando Norina in preda all’ira rifila al suo an-ziano marito un doloroso schiaffo. Quella pesante umiliazione, accompagnata in ma-niera straordinaria dall’orchestra, è come se “spaccasse” il personaggio che da quel momento si rende conto della propria caducità. Lo stesso lieto fine, infatti, contempla un fondo di amarezza che ci spinge a provare compassione nei confronti di quest’uomo costretto ad arrendersi allo svanire di tutti i propri sogni e delle proprie aspirazioni. Se Malinconia ha ispirato la scena, infine, è necessario che nei costumi sia presente la Commedia. Al fine di realizzare la stessa ideale commistione presente nell’opera, infatti, ho pensato in sintonia con la costumista Silvia Lumes di ispirare dal punto di vista visivo i personaggi dell’opera alle maschere della commedia dell’arte da cui sono derivati. Don Pasquale sarà dunque nel costume ispirato a Pantalone, No-rina a Colombina, Malatesta a Scapino, Ernesto a Pierrot. ll tema della maschera è svi-luppato ampiamente attraverso la recitazione dei figuranti, personaggi con funzione narrativa che avranno il compito, mediante la regia, di "raccontare" la storia movi-mentando la scena.
Come anticipato nelle note di regia l'allestimento è ispirato a Malinconia di Francesco Hayez e più in generale alle opere del periodo romantico. La vicenda umana è esal-tata dalla presenza di una scena neutra, nuda.
L'idea dunque è quella di realizzare spazi di origine concettuale, emotiva, non forte-mente caratterizzati o storicizzati. Uno spazio bianco sul quale costruire i diversi am-bienti mediante l'uso di pochi elementi evocativi, a fare da contraltare a personaggi vividi sia dal punto di vista drammaturgico che visivo. L'opera prevede due cambi di scena a vista durante il primo ed il terzo atto, che verranno eseguiti attraverso la regia dei figuranti, personaggi con funzione narrativa.
Prendendo ispirazione dai lavori di De Chirico e Luzzati sono stati pensati tessuti prevalentemente opachi decorati con pittura. L’intenzione è quella di dare carattere ad ogni personaggio attraverso materiali e decorazioni apparentemente poveri, ma che arricchiscono il lavoro in maniera studiata e consapevole. Le comparse sono state pensate riprendendo il bianco tinta unita della scena, come fossero parte dello spazio emotivo del protagonista che prende vita. Don Pasquale richiama subito l’immaginario di Pantalone, con prevalenza di colore nero e linee abbondanti. Ernesto è un Pierrot in giacca e pantalone più decorati rispetto alla tradizione. Il Notaro indossa una toga ampia e buffa, che è stata caricaturata per sottolineare l’ulteriore travestimento del personaggio. Dottor Malatesta ricorda Scapino, giocando sulla prevalenza di blu con decorazioni bianche e nere che richiamano quasi fedelmente la maschera tradizionale. Norina infine rappresenta Colombina. Il costume è prevalentemente rosso, ma per richiamare alla mente la famosissima maschera, è parzialmente decorato con i triangoli colorati con cui viene rappresentata soprattutto in coppia con Arlecchino.
Don Pasquale venne rappresentato con grande successo a Parigi il 3 gennaio 1843 e la storia narra che fu scritto in soli 11 giorni anche se è più probabile che in quel lasso di tempo furono scritte le linee vocali, passando molto più tempo sull'orchestrazione.
Donizetti poté godere in vita di grande successi, soprattutto grazie alle straordinarie doti compositive e ad una vena romantica difficilmente eguagliabile. Don Pasquale è sicuramente un'opera della maturità dell’autore, e una di quelle che, a quel tempo, furono accolte con maggior calore di pubblico.
Sicuramente si tratta di un'opera buffa ma con alcuni risvolti amari, una riflessione lucida sulla vecchiaia e sul contrasto generazionale con il desiderio di ringiovanire e di sposare una donna giovane con la quale avere molti figli. In poche parole, un’opera attuale.
Dal punto di vista musicale sappiamo che, dopo Lucrezia Borgia del 1833, Donizetti ottenne, non senza qualche difficoltà, una nuova disposizione dell'orchestra, quella a cui si ricorre ancor oggi con gli archi disposti a semicerchio davanti al podio. E fu una novità in quanto precedentemente gli archi stavano da un lato, mentre la restante parte dell’orchestra dall'altro.
La Sinfonia che apre l'opera presenta inizialmente un solo di violoncello, la cui melodia verrà ripresa nel Terzo Atto con la “Serenata” di Ernesto per poi passare sul frizzante motivo della cavatina di Norina. Una Sinfonia geniale che è il simbolo e il leit motiv di tutta l'opera, che rappresenta una completa maturità del compositore e che fanno di lui uno dei maggiori operisti italiani del primo Ottocento e sicuramente il maggior precursore di Verdi.
Se Donizetti era molto influenzato da Rossini, sicuramente troviamo nelle prime opere di Verdi una forte influenza donizettiana.
Anche il secondo atto si apre con un preludio musicale e precisamente con un solo della Tromba (curiosamente vi voglio svelare che sono diplomato in Tromba e quindi tengo a sottolinearvi questo momento musicale e il suo significato) In questo Preludio infatti, la Tromba introduce lo sconforto di Ernesto e la melodia così bella ma triste, cancella immediatamente la gioia del Finale del Primo Atto. In questo Preludio, la Tromba dimostra di essere uno strumento nobile e che può affrontare con grazia parti cantabili e di grande effetto. Il perché Donizetti abbia affidato alla Tromba uno spazio così importante non lo sappiamo ma sappiamo anche che la sua scrittura è sempre molto solistica soprattutto per gli strumenti a fiato.
L'Atto Terzo invece si apre con un Coro di Introduzione ed è la prima volta che vediamo il Coro durante quest'opera. Anche qui Donizetti si dimostra moderno e innovativo anche perché la consuetudine, ai suoi tempi, era quella di mettere sempre il Coro dopo la Sinfonia o Ouverture per introdurre il pubblico nell'ambiente dell'Opera.
Bellissimo anche il successivo Coro dove troviamo un tempo di Valzer (“Quel nipotino”) che era nato 20 anni prima a Vienna e che nel Don Pasquale, Donizetti lo esalta in moltissimi momenti dell'opera e nel Rondò Finale.
Una curiosità infine è il fatto che questa è la prima opera buffa dove tutti i recitativi sono accompagnati sempre e solo dall'orchestra.
Insomma Donizetti è stato un genio innovatore e la sua scrittura va considerata come il culmine della musica italiana nel suo momento di passaggio dal romanticismo del secondo Rossini al romanticismo appassionato che recherà i segni di Verdi.
Quest'opera contiene alcune tra le pagine più belle del repertorio lirico di ogni tempo e rimane una delle più rappresentate nei teatri di tutto il mondo.
Roberto Gianola